Giuseppe Gioachino Belli, La voce eterna del popolo romano

“Io ho deliberato di lasciare un monumento di quello che oggi è la plebe di Roma”. Così scriveva Belli nell’introduzione alla sua raccolta dei sonetti: 2.200, tutti in romanesco, che raccontano lo spirito disincantato, vivace, spesso feroce, dei popolani (e non solo) della città eterna, immersi nella non facile situazione economica e sociale dello Stato Pontificio. Una condizione contingente ma eterna, devono aver pensato gli eredi di Belli, come la città alla quale egli aveva dato voce. Così Giacomo Belli, nel gennaio 1898, lasciò quasi tutte le carte del nonno (oltre cinquemila fogli) alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele di Roma, affinché del suo “monumento” potessero disporre tutti, senza distinzioni.